venerdì 10 febbraio 2012

Muore ignominiosamente la repubblica.

Ricordo a Mario Luzi, due settimane prima dell'anniversario della sua morte, avvenuta il 28 febbraio 2005.


Muore ignominiosamente la repubblica.
Ignominiosamente la spiano
i suoi molti bastardi nei suoi ultimi tormenti.
Arrotano ignominiosamente il becco i corvi nella stanza accanto.
Ignominiosamente si azzuffano i suoi orfani,
si sbranano ignominiosamente tra di loro i suoi sciacalli.
Tutto accade ignominiosamente, tutto
meno la morte medesima - cerco di farmi intendere
dinanzi a non so che tribunale di che sognata equità. E l'udienza è tolta.



Mario Luzi





Mario Luzi, poeta fiorentino e padre della corrente ermetica (1914-2005), nel 1978 pubblica questa poesia, all'interno della raccolta Al fuoco della controversia.
Il 1978 è un anno chiave della storia d'Italia: il rapimento Moro, la sua uccisione e quella di Peppino Impastato, la 180 e la 194, Pertini e Wojtilia. 
Il disgusto verso la situazione politica italiana, così tristemente vicina a quella odierna in quanto a corruzione e sfaldamento delle istituzioni, che traspare da questi versi, tra i più famosi della produzione dell'autore, è parte di una generale crisi che caratterizza la produzione ultima di Luzi. 
Maggior rappresentante del gruppo ermetico fiorentino affermatosi negli anni Trenta, racchiude in sè stabilità ed aderenza ai canoni formali della poesia e contemporaneamente profondo mutamento. Dal punto di vista contenutistico,la certezza della fede religiosa gli ha infatti permesso una solidità che si scontra con la generale crisi d'identità che coinvolge la maggior parte dei poeti novecenteschi; allo stesso tempo Luzi vive la propria fede in modo assolutamente travagliato, cercando continuatamente di verificarla nei rapporti sociali e storici, e nella sua stessa arte.
Esempio del continuo confronto tra temi religiosi e problematiche civili sono le liriche contenute all'interno de "Al fuoco della controversia": tra le mie preferite, A che pagina della storia:


A che pagina della storia, a che limite della sofferenza-
mi chiedo bruscamente, mi chiedo
di quel suo "ancora un poco
e di nuovo mi vedrete" detto mite, detto terribilmente

e lui forse è là, fermo nel nocciolo dei tempi,
là nel suo esercito di poveri
acquartierato nel protervo campo
in variabili uniformi: uno e incalcolabile
come il numero delle cellule. Delle cellule e delle rondini.

Evidente qui la ricerca continua di Luzi di ritrovare i segni dell'esistenza trascendente e metafisica di Dio nell'immanenza e nella storia. La tensione che anima il testo, sorretta dalle anafore (a che.. a che.. mi chiedo.. mi chiedo) nasce dal drammatico interrogativo del poeta: quanto dolore è necessario perché la promessa del Messia si avveri ("ancora un poco e di nuovo mi vedrete", nel Vangelo di Giovanni XVI, 16 detto da Cristo con allusione alla propria morte e risurrezione)?

La seconda strofa tenta di rispondere: forse (questo forse a inizio verso rende il dubbio straziante), forse la presenza di Cristo va ricercata nell'umanità oppressa, nell'esercito di poveri. 



Candidato più volte al Nobel, non lo otterrà mai, sfiorandolo nel 1997, anno in cui lo vinse poi Dario Fo. Un riconoscimento del suo genio poetico lo ebbe in altro modo: venendo nominato senatore a vita alla vigilia dei novant'anni dal presidente Ciampi per "aver illustrato la Patria con altissimi meriti nel campo letterario ed artistico". Poco presente in parlamento a causa dell'età già più che avanzata e dei conseguenti problemi di salute, si lascia però andare ad una serie di esternazioni sul premier Berlusconi in seguito all'aggressione subita nel 2005, paragonandolo a Mussolini: 

"Il ragazzo di Mantova è un po' esaltato. Non sopravvaluterei l'episodio. Io lo condanno, ma non facciamola troppo lunga. Il premier è molto bravo a fare la vittima". Il senatore a vita Mario Luzi, grande poeta italiano, commenta così in una intervista con il Messaggero l'aggressione subita da Silvio Berlusconi a Roma l'ultimo dell'anno. E rincara la dose aggiungendo un paragone che fa infuriare il centrodestra, quello fra il presidente del Consiglio e Benito Mussolini.
"Anche Mussolini -ricorda Luzi- si mise un cerotto sul naso. Era stato colpito da un proiettile.Fu nel 1926. Mussolini era uscito da Palazzo Chigi e un turista gli sparò con la pistola. L'attentatrice era una signorina irlandese, Violet Gibson". Per certi aspetti -aggiunge Luzi- Mussolini e Berlusconi si somigliano" (da Rainews24.it, 30-01-2005)


Un mese dopo si spegne a Firenze, il 28 Febbraio 2005: in sua memoria una lapide nella Basilica di Santa Croce.


Breve sunto della produzione poetica1
Primo periodo: Prima raccolta: "La Barca" (1935), seguita da "Avvento notturno" (1940),"Un brindisi" (1946), "Quaderno gotico"(1947). 
Questa prima fase, che durerà circa un decennio, è quella «più propriamente ermetica della poesia di Luzi; scelta, questa dell'ermetismo, che verrà non abbandonata ma ampliata e approfondita negli anni successivi. E' già presente, tuttavia, un aspetto che perdurerà in tutte le stagioni poetiche di Luzi. Franco Fortini, critico e poeta cui si è dedicata una scheda, l'ha definita "certezza dell'essenza spirituale dell'universo", dalla quale consegue la "possibilità di conoscere tale essenza per via intuitiva, indipendentemente dalla storia umana". Non è strano che Fortini apra un suo saggio su Mario Luzi proprio con questa premessa; a lui, poeta immerso nella storia e impegnato politicamente e civilmente, questo volontario astrarsi dal mondo appare probabilmente passivo, rinunciatario; il che, d'altro canto, non lo porta certo a sottovalutare l'importanza dell'opera del poeta fiorentino.
Nel concreto, questo fondamentale aspetto della poesia di Luzi si traduce, almeno inizialmente, in liriche che si rifanno al simbolismo e al suo maestro Mallarmé per il linguaggio prezioso e cifrato, per l'assenza totale della realtà contingente e della storia.»  (http://www.riflessioni.it/enciclopedia/luzi.htm) 


Secondo periodo: Inaugurato da "Primizie del deserto" (1952), continua con "Onore del vero" (1957), "Dal fondo delle campagne" (1965) e "Su fondamenti invisibili" (1971). Considerato il periodo migliore dell'autore, si caratterizza per una forte inquietudine di fondo, percepibile dalle descrizioni paesaggistiche aspre e perennemente dominate da un vento continuo. La presenza umana è scarsa.


Terzo periodo: Aperta da "Al fuoco della controversia" (1978), l'ultima fase si caratterizza per una variazione dello stile in direzione più prosastica, accompagnata da quell'unione di spiritualità e d'attenzione alla storia contemporanea a cui ho fatto accenno in precedenza. Di questo periodo anche la celebre "Per il battesimo dei nostri frammenti" (1985).


In conclusione, tra le ultime perle del grande poeta, all'interno delle "Parlate" (2003):

La giovane ebrea al suo amato musulmano

C’è una pozza di sangue tra te e me.
Mio Dio, chi l’ha versato?
chiunque sia stato,
caro, è sangue sprecato.
Ma io so che l’amore
mio, se mi aprirai le braccia,
potrà vederlo asciugato.
Vieni, non tardare.





 Lilith 


1. La produzione del Luzi è molto vasta, e conta al suo interno numerose opere in prosa (saggistica e no) e di teatro: mi sono limitata ad un sunto delle raccolte poetiche.

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